Stampa digitale su carta.
Dimensioni 42x29,7 cm
Turatura limitata out of 10


L'ispirazione è venuta, molti anni prima, con la parete est del Museo dell'Ara Pacis a Roma, che riporta per intero il "Res Gestae Divi Augusti". Feci delle foto. Una in particolare fu d'ispirazione: la testa di un turista sotto le parole scolpite nella pietra, in una lingua ormai sconosciuta ai più. 
Un enorme muro, un muro di parole. 
E' quello che dicono gli studenti sfogliando un libro stampato: a wall of words. Sottolineando così che per loro, millennials, si tratta di una roba illegibile. 
Per il mio muro di parole ho scelto un testo latino stranoto: il De Bello Gallico di Giulio Cesare. Chi non lo conosce? Tutti quelli che non hanno fatto latino a scuola. Così, quel muro di parole, parla con le storie che ognuno porta dentro di sè (se ne ha), e sollecita il ricordo di tante altre storie, al solo suono di "Gallia est divisa in partes tres ...".

Da lontano l'opera è confusa, un testo interminabile, indigesto. Le parole in neretto, al centro, sono sfocate, come masticate dal testo sottostante. Solo avvicinandosi si scopre che quello è il De Bello Gallico, che sotto c'è Cesare, niente di meno, "tutte storie", nel senso letterale delle parole, e in quello ironico, popolare, sottotestuale di "tutte balle", perchè invenzioni, illusioni, propaganda politica. Come sempre, come in ogni dove c'è un muro con una scritta. 
Oggi tutti sanno che il De Bello Gallico, nonostante la prosa scarna, è solo illusione politica, ma pochi si rendono conto che ciò vale per tutti i wall of text, e per la maggior parte dei tweet scritti da politici per illudere e ottenere consenso. Non più "muri", ma pur sempre testi. 
"Tutte storie, se sotto c'è un Cesare", verrebbe da dire. Eppure, tutti questi significanti possono essere colti, come un lampo, solo guardando all'opera come "immagine" decodificata, scoprendola nei suoi aspetti, pezzo per pezzo, livello per livello. 

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